Fino al 18 Febbraio, al Teatro Argentina, sarà in scena il dramma di Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, magistralmente riletto dalla regia di Luca De Fusco.
La scena è estesa, gli attori si muovono con disinvoltura tra platea e palcoscenico, lo spettacolo inizia a sipario aperto, a celare gli attori solo un pannello massiccio di quello che sembra un metallo brunito. A regnare una penombra spoglia, che fa da cornice all’incontro tra i componenti del cast nominato per la rappresentazione della commedia dello stesso Pirandello, Il giuoco delle parti. Il clima conviviale e allegro, i colori accesi degli abiti dei personaggi bucano quell’oscura polverosità, interrotta solo dall’arrivo del capocomico, che ristabilirà l’ordine perché si inizino le prove del secondo atto della commedia.
Ma proprio quando tutto sembra pronto, quando anche la prima attrice ha fatto il suo ingresso, tutto si ferma e l’attenzione è catalizzata verso il fondo del palco, dove una pellicola in bianco e nero riproduce, in sequenza, scene di sei ambigui e inquietanti figuri, gli stessi che si materializzano in carne ed ossa, qualche attimo dopo, sulla scena, quasi a voler creare uno spaesamento nello spettatore che, per un secondo, non capisce se ciò che ha davanti sia reale o ancora parte del videomapping.
I sei personaggi sono scuri e tetri, antichi, in confronto agli attori, che paiono più capricciosi mestieranti, che professionisti veri e propri. Irrompono sulla scena con la spontaneità di chi torna a casa dopo una giornata di lavoro. Litigano, si insultano, urlano, alludono a fatti come se tutti dinnanzi a loro ne conoscessero le fila. Spiccano tra i sei, il padre, interpretato da Eros Pagni, statico e austero, e la figlia, una brillante Gaia Aprea, eclettica, dinamica nel suo caschetto moro e gli occhi da gatta. Sono loro i veri protagonisti del dramma pirandelliano, i più animati nella supplica al capocomico di poter raccontar e poi recitarla la loro storia, perché quella è la loro missione, rappresentare il fardello che è stato scelto per loro, non da loro. Martiri coraggiosi e inflessibili di una divinità che, una volta data loro la vita, ha deciso di non riconoscerli.
Pirandello, attraverso De Fusco, mette in scena il dramma dello scollamento tra attore e personaggio, il dramma del personaggio di non essere compreso dall’attore nella profondità delle sue sofferenze e il dramma dell’attore di non sentirsi all’altezza della complessità di chi è chiamato ad interpretare, del ruolo che è chiamato a svolgere. E così c’è un capovolgimento tra realtà e finzione, dove realtà sono i personaggi venuti dal nulla, nati vivi dalla mano di un autore che ha rinunciato a portare a termine la propria impresa; mentre finzione è il cast di attori riunitosi per le prove del secondo atto del Giuoco delle parti. Uomini frivoli, indottrinati di una tecnica a dir poco caricaturale.
Sei personaggi in cerca d’autore è l’inesorabilità della sorte del Personaggio, che non può dirimersi dal destino che l’autore gli ha riservato, per quanto drammatico, grottesco, osceno sia. Basterebbe uscire di scena. Ma un personaggio che si rispetti non abbandona la scena, non tradisce la trama, non rinnega la veste che l’autore ha costruito su di lui. Per lui. I personaggi paiono inchiodati al loro posto, sul palco, a vivere ciò che non vorrebbero vivere, a guardare ciò che non vorrebbero vedere, ad ascoltare ciò che non vorrebbero sentire. E così il padre e la figlia dovranno forzatamente agire quell’atto osceno e incestuoso nella stanzetta del bordello/atelier di Madama Pace. E lo faranno come fosse la prima volta. Con la spontaneità inconsapevole di chi non conosce le terribili conseguenze che porterà quell’atto. Rossore e vergogna, violazione e violenza. La figlia, nel suo caschetto anni ‘20, come un’eroina, spogliatasi della sue vesti di lutto, si consegna seminuda alle mani del padre con una sfrontatezza mista a rassegnazione. E il pubblico di attori guarda incredulo e il capocomico applaude risoluto, annota battute, si compiace per lo spettacolo che ne verrà fuori. Distacco. Distacco emotivo, distacco scenico.
In Sei personaggi in cerca d’autore il piano del reale e dell’irreale collidono fino a fondersi per poi scambiarsi. I personaggi sono personaggi, creati vivi dalla mente di un autore, ma possono morire, muoiono, muore la bambina e subito dopo il ragazzo, personaggi chiamati a recitare un unico atto di una tragedia che non vuole repliche.
Photo Credits: Ufficio Stampa Teatro di Roma
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