Sono di base una persona pigra e anche abbastanza insofferente. Sabato notte, di ritorno da una serata da dimenticare, all’eterno dilemma tra mare e NA.Pa in Via Venti Settembre, che manco ti devi mettere la crema, che la lampada riconosce il fototipo della tua pelle, rispondiamo con una no sveglia e Na.Pa tutta la vita, per il mare ci sarà tempo, l’estate in fondo non è cominciata che da qualche giorno.
Ore sette dell’indomani mattina, la no sveglia viene egregiamente sostituita dal seguente messaggio: “12:45 pranzo Da Rosario all’Albos di Fregene”. Ottimo. Ti addormenti un secondo e sono subito le 11, briciole di pane tostato e burro d’arachidi ancora intorno alla bocca, costume addosso e via verso il traffico dell’Aurelia e un caldo da non esistono più le stagioni di una volta.
Dopo una breve confusione tra ponente e levante, il mio ragazzo mi lascia dinnanzi al 52/54 del Lungomare di levante. Varcato il cancello aperto dell’Albos, chiedo di Rosario, mi indicano una struttura a vetri al termine della scalinata dinnanzi ai miei occhi e… Da Rosario è tutto quello che non ti aspetti, quando vieni invitato per un pranzo nel ristorante di uno stabilimento del litorale romano. Varcata la porta, ci si trova in un salottino verandato che funge da antingresso al locale vero e proprio, a dominare il bianco, interrotto solo dal fuxia della bouganville arrampicata sulla parete che accompagna alla porta del ristorante. Sono le 12:45, la sala è ancora semivuota, ad accogliermi arriva Cristina, che, con fare gentile, nei suoi riccioli rossi, mi accompagna al tavolo, sulla terrazza. Attraversando il locale, non troppi tavoli, tra loro ben distanziati, si respira il bianco delle tovaglie di lino appena stirate, l’eleganza della mise en place, sobria ed essenziale, arricchita da un centrotavola di peonie immerse a volte in brocche di latta, altre in minimali vasi di cristallo. Su di un tavolo si erge la pigna di ceramica turchese, eco siciliano di buon auspicio e prosperità. Al limitare della sala, incontro quello che immaginavo, e ne avrei avuto conferma più tardi, essere lo chef, Rosario. Rosario è uomo di mare, lo dicono gli occhi cerulei nascosti dalla lente specchiata di verde, lo dice l’incarnato di chi è abbronzato anche d’inverno, lo dice il sorriso da buono, che al momento opportuno però, non te la manda a dire. Mi accomodo e, nell’attesa dei miei ospiti, sorseggio una bollicina rosè, offerta dalla mano esperta del signor Antonio, “che tra una cosa e un’altra – racconta Rosario – collabora con noi dal 1997, dai tempi de La Bicocca di Castel Fusano e del Salus di Ostia”.
Gli albori di Rosario
La storia del Rosario ristoratore inizia circa 20 anni fa, nel 1997, a Ostia, anzi a Castel Fusano, è lì infatti che lo chef, dal sangue partenopeo, trascorre la sua infanzia e giovinezza, insieme alla sua famiglia, interamente dedicata alla vendita del pesce. “Avevamo diverse pescherie allora – spiega lo chef – adesso ci è rimasta solo quella al Mercato dell’Unità, in Via Cola di Rienzo”. Rosario è cresciuto in mezzo al mare e in mezzo al pesce, quello buono. Ma a 14 anni, ha scelto di entrare alla scuola alberghiera. “Mi iscrissi all’Enalc – racconta – allora centro di formazione professionale di altissimo livello e iniziai a pensare a come proiettare all’esterno il mondo di mare in cui ero cresciuto. Fu decisivo il mio viaggio in Francia, tra il ‘96 e il ‘97. In quel momento capii non solo che volevo fare ristorazione, ma anche come volevo farla. Come volevo offrirla ai miei commensali”. Rosario racconta, ma il suo ristorante e la sua cucina lo fanno per lui. L’eleganza e la cura nell’accoglienza e la materia prima e ancora la cura nella preparazione e nella presentazione raccontano una storia parallela a quella detta da lui. Le sue parole non sono altro che il riflesso del suo percorso o forse sono il suo punto d’arrivo.
Il pranzo da Rosario
Il menù è un rettangolo bianco di cartoncino ruvido con la scritta turchese “rosario ristorante”, nella parte bassa. Tiro la linguetta e si svolgono davanti a me sei antine, su cui sono fissati pannelli amovibili con su riportato un menù scritto a penna. “Il menù varia di giorno in giorno – spiega Rosario – a seconda della disponibilità del mare e del mercato. Lavoriamo sul fresco. Questo è il nostro punto di forza e di debolezza. C’è il cliente che comprende e apprezza, chi, se la domenica a pranzo non trova in menù la pasta con le vongole, storce il naso”. Io apprezzo e al momento di ordinare, tanta l’indecisione tra le specialità proposte, facciamo una gran confusione, ma Edoardo, il figlio dello chef è paziente e cortese. Ordiniamo diversi antipasti, un primo e due secondi. Per i vini, ci affidiamo ad Antonio, che, dall’enciclopedica carta messa su da Cristina, ci suggerisce un sauvignon della Cantina Terlan, un Winkl del 2017, davvero soddisfacente.
Gli antipasti non si fanno desiderare e le mie nuvole di baccalà “Giraldo” sono spaziali. Quattro cubotti di baccalà avvolti in una tempura, croccante e soffice al tempo stesso. Il pesce è tenero e scioglievole. Il battuto di pomodoro e la zucchina romanesca, che completano il piatto, gli conferiscono quel tocco di colore e freschezza che, nonostante i quasi trenta gradi, ne mangeresti un’altra dozzina. Tra gli antipasti, arriva anche Il fritto. Una suntuosa piramide di calamari, gamberi e julienne di patate che ti dico fermati. La frittura è asciutta e succulenta, la materia prima freschissima. Agli antipasti segue il nostro unico, fortunatissimo Spaghetto alle vongole naturali, che “La sapidità è data dai frutti di mare”. Rosario non aggiunge altro sale se non quello del mare che portano con se le vongole. Non ho assaggiato la pasta, ma il piatto è stato terminato in un nanosecondo. Dopo aver fatto fuori qualche cestino di pane – il pane lo fa Rosario, così come ogni piatto presente in menù, a parte i gelatini di Matteo Lancusi, “per affetto e perché sono buonissimi” precisa lo chef – arriva il momento della mia seppia con fagiolini e senape in grani. Indecente. Davvero buonissima, tenera la seppia, croccanti i fagiolini, ravvivati da quegli amabili granellini pungenti che scricchiolano in bocca a mo’ di fuochi d’artificio.
Siamo sazi, il mare ci aspetta, ma il dolce è d’obbligo e la millefoglie con fragoline non delude. La sfoglia è sottilissima e croccante, la crema è soffice e bilanciata nella sua dolcezza dai bocconcini di fragole asprigne.Terminiamo il pranzo con un limoncello e i complimenti allo chef, alla sua compagna, al figlio e ad Antonio, che è un po’ parte della famiglia anche lui. Rosario ringrazia, ma lui non ama la domenica, si lavora con la fretta addosso, preferisce i giorni di quiete, che non fa nulla che si guadagni di meno, ciò che conta per questo pater familias de noantri è la qualità offerta. “Io offro ai miei ospiti solo ciò che mangerei anche io. Compro solo ciò che cucinerei per me”. Termina così la mia esperienza da Rosario, che non vedo già l’ora di tornare, magari di sera, per assistere al tramonto da quella magnifica terrazza, per un aperitivo seduta sui divannetti, all’ingresso, per ascoltare altre storie, per la gentilezza di Cristina, per il timido sorriso di Edoardo, per questo e quello, ma soprattutto per mangiare altre di quelle irresistibili e indimenticabili nuvolette di baccalà.
Leave A Reply