St. Christopher Hostel, letto di sotto, camerata mista sei, i miei compagni, dalle 16 che sono uscita la prima volta, non si sono più mossi.
A Berlino fanno sei gradi, ma anche solo uno spiraglio di finestra, questa notte, va aperta.
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Torno qui dopo una cena mirabolante. Una delle più buone e divertenti degli ultimi tempi. Divertenti. Le mie cene. Cordo. Meno di un chilometro e mezzo da qui, ci si muove a piedi, pure con la pioggia, che, a cosa serve Primark se non per acquistare ombrelli dell’ultimo minuto? Ingresso già mi piace, il menù lo conosco, la formula pure.
Bancone o tavolo? Per 72 euro, io, abbarbicata sullo sgabello del bancone non ci sto. Mise en place ridotta all’osso. Il coltello – con cui avrei, di lì a poco, spalmato il burro sul pane – poggia sul dorso di una capretta d’acciaio.
Aperitivo no grazie, già bevuto un Ferrari da qualche parte per ripararmi dalla pioggia. Degustazione da 3 con abbinamento di 3 vini. Due naturali e un riesling. Repubblica Ceca, Austria, Germania. Chardonnay, Cabernet Sauvignon e un Riesling Spätlese del ‘96, uau.
Seccante la mania con cui i tedeschi rispettino quella maledetta linea serigrafata sul calice che sta ad indicare i 100 ml.
Entrée: funghi-patate-carciofi. C’era anche qualcosa di estremamente saporito, alla base di tutto, oserei dire un fondo bruno. Ottimo. Finisce in un nano secondo.
Mi portano, allora, il pane e una terrina di burro ricoperto con fiori secchi. Il pane lo fanno loro, un mix di farina bianca e farina di segale, i fiori, ho provato a riconoscerli, ma il grasso del burro era troppo godurioso e ciao fiori, coltello pane e si prosegue senza indugio. La ragazza che mi segue è stracortese. La adoro, vino a parte.
Inizia la degustazione:
. Piatto fresco e croccante. Poi c’è il grasso della panna acida e l’agrodolce della salsa di saltplum, che pare debba essere umeboshi. Divertente. Ogni boccone è diverso a seconda degli ingredienti che riesco a POSIZIONARE sul cucchiaio. E del loro quantitativo. Ci bevo su il bianco, la ragazza me lo definisce “juicy”. Vero, fino a quando non arriva l’umeboshi e lì cambia tutto.
Nei tempi morti vado di pane e burro, vorrei contenermi, ma il pane è ottimo e il burro di più.
Mi versano il rosso. Sta per arrivare la carne, che emozione. Il piatto me lo porta lo chef.
Shortrib les hermanos.
Carne di manzo cotta in forno per 24 ore, crocchetta di patate e sedano, maionese al bbq e un infuso fatto con peperone e chili. La carne è stratenera senza disfarsi. La crocchetta golosa. La maionese al bbq spinta, il piccante non c’è. Il chili dà al piatto quel che di orientale che ci piace.
Sono felice e affascinata da quanto la cucina possa essere un gioco, una coccola, un divertimento davvero. Da Cordo, i piatti non sono solo buoni, sono sorprendenti. Nel senso che ti lasciano a bocca aperta e i ragazzi gentili, disponibili. I tempi d’attesa perfetti. Fa un filo freddo, ma io non faccio testo. Arriva il dessert, anzi, prima, il riesling. Mmmmmmmmm. Dolce, equilibrato. Confortevole. Si sposa meravigliosamente con il piatto che stanno per portarmi: peach, spruce. I soli due sostantivi celano un quantitativo di ingredienti e preparazioni inimmaginabili. Ci sono voluti un paio di minuti per spiegare il tutto. Di tutto, poi, io ho capito che c’era il cioccolato bianco, la pesca, il formaggio on top, l’albero di Natale, il pistacchio e una salsa che – mi dicono – sarebbe stato un sogno bersela. E i pop corn.
Mi ricordo la resina e di aver pensato quanto il vino fosse stato in grado di esaltare il sapore del formaggio che, all’assaggio del dolce, passava quasi in secondo piano. Uau.
Che cena! Che esperienza! Cordo propone anche un menù da 5 e un menù da 7. Sarebbe così bello tornare. Sono talmente entusiasta che riaffronto la strada sotto la pioggia, mi bagno e mi perdo. E poi finalmente arrivo da Belushis, il pub che fa da hall alla mia dimora. Solo una notte, mi ripeto. Pigiama, tappi di cera e sorriso.
È stata una serata fantastica.
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