Lo scorso fine settima, decidiamo di interrompere il trend che ci avrebbe condotto sulle montagne, per concederci un po’ di relax, all’alba di una settimana che si sarebbe rivelata impegnativa, fisicamente e mentalmente.
Prenoto sabato mattina alle Terme di Vulci, un glamping che sorge sulle rive dell’omonimo impianto termale, nel comune di Canino, nel viterbese, ai confini con la Maremma toscana.
La struttura nasce nel 2019, ad opera del Gruppo Fresia della famiglia Federici, che a Roma gestisce già diverse strutture, tra cui il neonato Borgo della Mistica, un progetto volto alla riqualificazione dei casali agricoli della Tenuta della Mistica, zona Torre Spaccata, che ruota intorno alla cucina di Ornella De Felice.
Prenoto senza pensare che le terme, quando fuori fanno 35 gradi, non siano la meta migliore dove trascorre una giornata di pace e serenità; non mi viene in mente neanche quando la receptionist, alla mia domanda se ci fosse molta gente, mi risponde: “No, specie in questo periodo”. Faccio spallucce, in fondo quale potrebbe essere il periodo più adatto, se non l’estate, per trascorrere una giornata in piscina e una notte in tenda, completamente immersi nella natura?!
Partiamo presto, temiamo, infatti, ogni strada che, da giugno in poi, porta al mare. Siamo a Vulci intorno alle 10:00, il caldo è fotonico, già di prima mattina. Ho letto da qualche parte su internet che tra le piscine presenti a Vulci, ce n’è una “sportiva”. Vattelappesca cosa voglia dire piscina sportiva, mi illudo sia non termale.
No, le tre piscine sono tutte termali e la temperatura dell’acqua va da un massimo di 43°C nella prima a un minimo di 30. Penso che 30 gradi siano comunque tanti, quando fuori ce ne sono 35 e, invece, si sono rivelati pochi, tant’è che in quella non ho avuto il coraggio di tuffarmi.
La nostra tenda è pronta. Aminta numero 5. Le tende sono montate su di una piattaforma in legno. Sono in tutto dieci – di tre tipologie differenti – e si sposano alla perfezione con la natura circostante, estremamente curata, senza mai risultare artificiosa.
La tenda è completa di tutto, nella sua essenzialità. C’è un ventilatore a soffitto per i giorni caldi e una coperta termica da accendere nei giorni freddi – di notte, appena entrati nel letto, è piacevole anche nei giorni caldi – ci sono arazzi disegnati con il carboncino e un armadio con la cassaforte per conservare gli affetti personali. C’è una grande armonia nei colori e nei materiali. Il frigobar è provvisto di bevande biologiche e birre artigianali prodotte nei dintorni.
Ci cambiamo, indossiamo l’accappatoio e ci dirigiamo verso le piscine, a bordo delle quali, per gli ospiti del glamping, sono riservati dei gazebi.
La struttura è aperta al pubblico che può acquistare ingresso alle terme e alla SPA, ma gli spazi destinati agli “esterni” rimangono comunque ben separati.
La giornata trascorre piacevolmente, c’è gente, ma non troppa e comunque ben distribuita. La mattina, la trascorriamo nella piscina di mezzo e io riesco a rimanervi per molto più dei miei cinque minuti, tempo limite oltre il quale la pelle d’oca mi costringe ad avvoltolarmi nell’accappatoio.
Pranziamo con un club sandwich e un hummus, acqua frizzante. Il pane è di Roscioli, il pollo cotto a bassa temperatura. Tutto molto buono. Finito, ci rilassiamo sul nostro lettino a baldacchino, mentre prenotiamo un massaggio per più tardi. Rilassante, da 25 minuti, con oli d’argan e compagnia bella.
Noi facciamo trekking, ci inerpichiamo per le montagne con i nostri zaini inseparabili, maciniamo chilometri in salita e raramente ci concediamo momenti di relax. Ci chiedono il punto su cui concentrarsi. Schiena e spalle. Il massaggio è stato impegnativo e le ragazze, all’apparenze piccole e delicate, ci hanno rivoltato come pedalini. Ho sentito pezzi di me che rotolavano via sotto le mani energiche della massaggiatrice. Tensioni, nervi, boh. Mi chiedevo come sarebbe stato rimettere i piedi a terra e se avessi poi sentito la mancanza di quelle cose che erano scivolate via. Mi sono sentita rinata.
Birretta al tramonto accomodati nel salottino allestito sul patio di fronte la nostra tenda. A farci compagnia, insieme alle zanzare, solo il frinire delle cicale e qualche gazza curiosa. C’è una pace incedibile, alloggiamo nella tenda più esterna, dove abbiamo l’illusione di essere solo noi per chilometri e chilometri.
Doccia e si va a cena. Optiamo per il ristorante della struttura La Punta. Avevo fatto mille ricerche e appuntato un paio di posti – certamente torneremo in Maremma, per assaggiare la cucina della Trattoria da Paolino a Manciano – ma alla fine l’estrema pace e il desiderio di goderci la notte stellata, ci convincono a restare.
Ci accomodiamo nella veranda. Il posto è molto carino. Legno, ferro battuto, giallo e celeste. Il menù propone piatti curiosi in cui sono declinati prodotti del territorio. Abbiamo fame. Ordiniamo “Fish and chips”, filetti di baccalà pastellati, patate fresche fritte salse artigianali, resistendo alle lusinghe della Battuta di maremmana azienda biologica Mariotti. Ci piace, le salsine sono top, la mia preferita, la maionese fatta con la salsa di soia, appena un punto indietro, la crema di piselli, più fresca, ma meno golosa.
Proseguiamo con Pici fatti in casa al ragù bianco di agnello Tenuta il Radichino. Sono buonissimi, sia la pasta che il ragù, che abituati al vitello, spiazza per selvaticume ed eleganza al contempo. Buoni-buoni.
Il Magnum al pulled pork di cinta senese chiude magistralmente il nostro pasto. Uno scrigno di pulled pork, panato e fritto, accompagnato da salsa bbq e panna acida. CI congratuliamo con noi stessi per la scelta di dividerne uno in due e lasciare uno spazietto per il dessert.
Dalla carta dei dolci, scegliamo Ciaffagnoni, crema di cacao e nocciole Teo&Bia, granella di nocciole e panna fresca. I ciaffagnoni sono l’antenato delle crepes, tipiche della maremma, prevedono al posto del latte, acqua frizzante; lo accompagniamo con un calice di aleatico.
Siamo pieni e soddisfatti. Il personale è gentile; una menzione speciale va fatta ad Agnese che si è presa cura di noi, con il sorriso, dal primo istante, quando è andata a cogliere un mazzetto di lavanda da usare a seguito delle punture di zanzare (consiglio, per prevenirle, di portare con voi qualcosa tipo Autan, Vape et similia). Ci aiuta a scegliere il vino, facendocene assaggiare un paio, della Cantina Montauto, un Sirah e un ciliegiolo, optiamo per il primo, anche se io avrei preferito il secondo, ma quella sera non avevo voglia di bere.
Torniamo in tenda che la notte era calata da un pezzo, insieme a lei la temperatura, tanto che decidiamo di accendere per un’oretta la coperta termica. Sul soffitto, vagano 2-3-4 ragni, poi spegniamo la luce. Siamo comunque in campagna – mi dico – dovrebbe esserci un geco, ma penso poi che l’eventuale caduta di un geco sarebbe stata più impattante. E allora ci teniamo i regnetti che alla mattina non c’erano già più.
È lunedì, e alle 8 siamo già a colazione. Ci sono torte e croissant e pane tostato con le marmellate fatta a Ischia […], lì vicino, di prugne, sambuco e fichi, la mia preferita. Una parte della colazione è dedicata al salato, ma non ero interessata. Succo di mela e si parte per Roma, che c’è già caldo e i 23° della mia stanza d’ufficio mi attendono anche se, almeno per quel giorno, li avrei volentieri barattati con i 43° dell’acqua termale di Vulci.
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